Il fatto
L'infortunato, durante l'operazione di manutenzione della benna (cucchiaio dentato) del mezzo escavatore, operazione che comportava la "puntatura" e la successiva saldatura di lamiere sul fondo della benna, nell'atto di saldare alla benna la lastra di metallo, di cui aveva eseguito la puntatura, era rimasto violentemente colpito all'occhio sinistro dalla lastra, staccatasi improvvisamente dal fondo. Secondo le dichiarazioni, si recò dal medico sei mesi dopo nella speranza che guarisse da solo, per evitare ripercussioni sul lavoro. Successivamente fece causa per distacco della retina.
Sentenza della corte d'Appello e contestazione
La Corte di Appello di Milano, con sentenza emessa il 25 gennaio 2016, ha condannato (confermando la sentenza del Tribunale di Como), riconoscendo il datore di lavoro colpevole del reato di cui all'art. 590, commi 1, 2 e 3, cod.pen in quanto, la mancata adozione del Documento di valutazione dei rischi in ordine alle procedure di riparazione della benna dei mezzi escavatori, aveva cagionato per colpa gravi lesioni alla vittima.
Il condannato ricorre basandosi su tre motivazioni:
- il difetto di motivazione, nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, lett.b) ed e), cod proc. pen, perchè la Corte territoriale aveva basato l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa; non valutandone l'attendibilità con la necessaria cautela. In particolare, la Corte non aveva considerato la contraddittorietà della deposizione del M.M. tra quanto riferito in dibattimento e quanto dichiarato in sede di indagini, nonché le contraddizioni sotto il profilo temporale, essendo inverosimile che egli, avendo subito un sinistro con conseguenze così gravi, fosse ricorso alle cure del medico parecchi mesi dopo. Detta circostanza non permetteva neppure di affermare la sussistenza del reato in termini di nesso causale, non essendo accertabile se il distacco di retina, verificato dalla visita oculistica effettuata sei mesi dopo l'infortunio, fosse stato cagionato proprio da detto evento. Sul punto, con motivazione del tutto inadeguata, erano state disattese le conclusioni del consulente di parte, secondo cui il paziente che perde la visione bioculare non può attendere, per mesi, alle ordinarie occupazioni senza consultare uno specialista, essendo quindi impossibile che il danno lamentato si fosse verificato immediatamente dopo l'incidente occorso sul luogo di lavoro.
- Il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, avendo errato la Corte territoriale nella mancata concessione delle attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale sulla base della valutazione della gravità della condotta dell'imputato che aveva sottovalutato la portata del sinistro, palesemente sottovalutata anche dalla parte offesa. Argomentava inoltre il ricorrente che la Corte d'Appello aveva omesso di considerare altri elementi rilevanti ai fini della determinazione della pena, secondo i criteri generali previsti dall'art. 133 cp.
- Mancata assunzione di una prova decisiva, non essendosi la Corte territoriale pronunciata in ordine alla richiesta di disporre consulenza medico legale, non espletata in primo grado.
Sentenza della Cassazione Penale
Si ricorda che la Corte di cassazione ha il compito di controllare il ragionamento probatorio e la giustificazione della decisione del giudice di merito, non il contenuto della medesima, essendo essa giudice non del risultato probatorio, ma del relativo procedimento e della logicità del discorso argomentativo.
Secondo la Cassazione non presenta vizi censurabili la sentenza impugnata in ordine alla attendibilità della parte offesa in punto di verificazione dell'evento infortunistico, congruamente sostenuta dai riscontri offerti dai colleghi di lavoro che avevano prestato soccorso all'infortunato.
E' fondata, invece, la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione di sussistenza del nesso causale tra l'infortunio e la malattia occorsa al dipendente.
Per stabilire il nesso di causalità occorre infatti verificare, sulla base delle evidenze processuali, attraverso un giudizio di alta probabilità logica, l'attendibilità, in concreto, della spiegazione causale così ipotizzata. Non è, però, consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto.
Nel caso specifico, la corte d'Appello aveva argomentato che "il distacco della retina è una patologia che non dà alcun dolore. In conseguenza il M.M. sperava che la cosa si sistemasse da sé. Nel frattempo, nell'ottica di far tutto per mantenere il posto di lavoro, si recava lo stesso in ditta. E questo non deve affatto stupire, come invece ritiene ingiustamente la difesa dell'imputato, dato che le persone con vista da un solo occhio possono quotidianamente attendere alle proprie occupazioni, ma sono autorizzate persino a guidare. Solo dopo alcuni mesi, preso atto che la sua vista, anziché migliorare, stata peggiorando, l'infortunato si recava dal medico per apprendere che aveva subito il distacco di retina".
La Corte aveva quindi fondato un proprio giudizio su una affermazione il cui fondamento probatorio non era stato acquisito al processo ("che le persone con vista da un solo occhio possono quotidianamente attendere alle proprie occupazioni, ma sono autorizzate persino a guidare") da ciò facendo discendere automaticamente il distacco della retina dall'infortunio occorso sei mesi prima dell'accertamento della patologia in questione, escludendo altresì l'incidenza causale di eventi sopravvenuti all'infortunio sul lavoro.
La cassazione annulla quindi la sentenza, con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, che provvederà al nuovo esame relativo all'accertamento della sussistenza del reato in termini di nesso causale.
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