La proprietà comune o individuale del sottotetto dell’edificio deve essere individuata dal contratto di compravendita e/o dal regolamento di condominio. Se non c'è nessun titolo o nessuna menzione su di esso, il sottotetto si considera comunque parte comune se, per le proprie caratteristiche strutturali e funzionali, risulta destinato all’uso comune oppure utilizzato per un interesse condominiale come per esempio un utilizzo a stenditoio.
Si tratta della cosiddetta presunzione di comunione, valida fino a quando non venga fornita la prova contraria della proprietà esclusiva del sottotetto.
La regola è stata ribadita da una recente sentenza della Cassazione. In particolare i giudici hanno precisato che, per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali:
- quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione;
- quando il sottotetto assolve all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento.
La prova della proprietà esclusiva del sottotetto come pertinenza dell’appartamento deve essere fornita dai condomini interessati. E' un onere probatorio necessario per superare la presunzione di comunione secondo la quale, in assenza di certezza proveniente dal titolo, si presumono parti comuni tutte quelle parti dell’edificio che risultano destinate all’uso comune o all’esercizio di un servizio condominiale.